lunedì 1 settembre 2014

Che cosa facevo in cattle station?

Ciao ragazzi! Vi ho raccontato delle mie disavventure per raggiungere la farm, ma ,una cosa che molti mi hanno chiesto ,e' che cosa facevo effettivamente li. Qual'era il mio lavoro?
Vi sto parlando al passato ,perché da quasi due settimane sono tornato a Perth, avendo finito i miei 88 giorni. Addirittura ,vi sto scrivendo dopo aver già ricevuto il mio visto per il secondo anno!
Tornando all'argomento principale ,vi posso dire che erano diversi i lavori da svolgere. Infatti ,un giorno non era mai uguale a quello successivo. Se alla mattina tagliavi il ferro, il pomeriggio usavi il trattore. Se un giorno guidavi la jeep per chilometri e chilometri giusto per verificare che le cisterne di acqua fossero piene, il giorno dopo, mandriavi le mucche con moto aereo o elicottero.
Questa cosa ,sicuramente ,ha fatto si che il tempo passasse velocemente e che anche nella stanchezza trovassi sempre nuovi stimoli.
Riassumendo ,le attività che ricorrevano erano essenzialmente tre. 
Costruire tre nuovi recinti per le mucche. Ognuno destinato a circa mille capi.
Controllare le cisterne e ,nel caso non ci fosse stata acqua, trovare il guasto e  ripararle.
Sistemare o costruire ,ex-novo ,le recinzioni che dividevano come una scacchiera il terreno. Queste erano fatte di tre fili di ferro e uno di filo spinato. Immaginate chilometri e chilometri di fili metallici.
Un altro lavoro che ho svolto per due volte, ciascuna composta da un paio di giorni, e stato mandriane le mucche. Era l'attività più divertente!
A tutto questo, metteteci anche riparare qualsiasi cosa andasse usata, essendo tutto materiale e macchinari molto vecchi.
Ho quindi cambiato e riparato gomme, smontato, pulito e rimontato i filtri di olio e carburante di moto, trattori, auto e generatori; installato l'antenna, tagliato l'erba con il trattorino, preparato e spalmato il cemento, guidato il trattore per raccogliere sabbia e spostare oggetti pesanti. 
Un altro compito era controllare, sparando, che dingo e asini non si aggirassero per la proprietà.
I dingo perché pericolosi per le mucche e gli asini perché dannosi per taniche, tubi e recinzioni.
Mi sono quindi scoperto meccanico, muratore, cacciatore e saldatore!

Cosa vuol dire mandriare le mucche?

Immaginate un territorio che vada da Piacenza a Milano. Immaginate che in questa arida distesa non ci sia niente se non qualche mulino a vento e qualche cisterna d'acqua.
Ora pensate che in questo terreno ci siamo più di 10 mila mucche, che pascolano liberamente a branchi di 3/5/8.
Ok, ora pensate di doverne cercare circa un 1500 capi, radunarle e spostarle per un centinaio di chilometri fino ai recinti.
Ecco se non riuscite ad immaginare ancora la scena, vi posso aiutare dicendo che per scovarle nel territorio e radunarle si usava un aereo e due elicotteri.
Ora che avete capito di che dimensioni stiamo parlando, vi posso raccontare nel dettaglio il lavoro del cowboy.
La mattina presto, caricate le moto su delle jeep ci dirigiamo nel terreno stabilito, scarichiamo i mezzi, le taniche di benzina, ci dividiamo i compiti ( chi su due ruote, chi su quattro e chi in elicottero) e le radio e siamo pronti a iniziare la giornata.
Una squadra di circa due moto, guidati per radio dall'aereo, ha il compito di scovare le mucche, che a branchi di 3 o 4 pascolano libere e felici. Una volta trovate, con clacson, urla e sgasate, cercano di spostarle verso una radura. Questo lavoro viene ripetuto più e più volte finché nello spiazzo non sono radunate circa un migliaio di capi. A questo punto, con l'aiuto delle altre moto delle jeep e degli elicotteri, inizia lo spostamento verso i recinti. Si cercava di spingerle instradandole e scortandole. 
Non mancavano le soste per far rifiatare e bere il bestiame o quelle dovute alla fuga di qualche esemplare. Che andava rincorso, catturato e rimesso nei ranghi.
La giornata era lunghissima, sotto il caldo e con solo una tanichetta di acqua a forma di zaino sulle spalle. La polvere ti entrava ovunque e i rami ti graffiavano ogni parte non coperta del corpo.
Nonostante questo però, il lavoro era molto divertente e senza dubbio unico. Un'esperienza che mi rimarrà a vita. Come anche il resto del tempo passato nella cattle station.

C'è chi parla del mal d'Africa, come di quella sensazione di nostalgia che ti prende quando sei lontano da un posto che ti ha colpito e ti entrato nel cuore e nella mente. Ecco, non siamo in Africa, ma sicuramente l'outback Australiano mi è entrato dentro. La sua terra rossa, la sua selvaggia e sterminata pianura. I suoi animali. I suoi tramonti. Tutto mi rimarrà dentro, e anche ora che sono in città e sento il rumore delle auto e dei bambini che giocano al parchetto, ho ancora nelle orecchie il silenzio delle notti, interrotte solo dal gracchiare di qualche rana o dal muggito di alcune mucche.
Ho ancora negli occhi la luce della luna piena, che rischiara a giorno l'aia della fattoria. Il luccicare delle stelle, che a milioni si presentavano ogni notte e della via lattea, che divideva a metà l'arcata celeste.
Vedo ancora i canguri che all'alba come al tramonto saltano via, impauriti dalla nostra jeep. 
Tutto questo mi ha reso un po' più uomo e sicuramente più consapevole di quello che può essere realmente necessario e di ciò che invece è superfluo.
Sono grato a questa esperienza e sicuramente consiglio a tutti di viverla!