sabato 9 novembre 2013

11 marzo 2011

11 marzo 2011.
Per molti di noi questa data non ha alcun significato. Quel giorno , alle 6.46, probabilmente , in tanti ci stavamo svegliando, stavamo facendo colazione, o bloccati nel traffico della tangenziale est, maledicevamo quell'auto così lenta che ci avrebbe fatto arrivare tardi al lavoro.
Lontano da questa routine, molto distante da noi, un popolo stava perdendo una parte di se. Colpita da quello che i sismologi hanno definito come uno dei più forti terremoti nella storia della Terra e da quell'onda, così inesorabile e catastrofica.
Questo non vuole essere un post che vi parlerà del Giappone, ma cercherò di trasmettervi le emozioni che ho provato ieri sera, parlando con una ragazza di soli diciannove anni. Che, con ancora la tragedia negli occhi, mi ha raccontato la sua storia fatta di morte, ma anche di coraggio, speranza e orgoglio.
Lei si chiama Mizuho, abita a Myoto, lontano solo qualche chilometro dalla più tristemente nota località di Fukushima.
Quel giorno ha perso la sua casa e per puro miracolo si è salvata insieme alla sua famiglia.

Come mai abbiamo parlato di questo argomento.

Tutto è nato da una specie di gioco. Stavamo guardando su google maps le nostre città. Utilizzavamo streetview ( per chi non sapesse cosa sia, e' una specie di navigatore che vi permette di vedere le foto delle vie ) e parlando del più e del meno, ad un certo punto ho chiesto a Mizuho di mostrarmi la sua casa. Lei ha digitato il nome del suo paese, della sua via e dopo un "click" l'immagine è apparsa sullo schermo.
Una normale città di mare, con aeroporto, palazzi, villette, scuole e negozi.
Lei mi spiega che quella è la sua casa, che quella è la finestra di camera sua, che ha un grande giardino con alberi da frutta, un orto di patate e un altalena appesa ad un albero. Poi però aggiunge una frase che in principio non riesco a capire. Mi dice che ora , però ,è tutto diverso intorno alla sua casa e non c'è più niente. 
Io le chiedo in che senso non c'è più niente, per me è difficile concepire il fatto che tutte quelle costruzioni adesso non ci siamo più. E le chiedo se per caso e' colpa dello tzunami. Lei mi guarda e senza parlare fa cenno di si con la testa.
Probabilmente non avrei dovuto chiedere, ma quella espressione del viso, mi ha portato a domandarle se mi poteva raccontare come e cosa era successo.

La storia

"Fortunatamente ero a scuola, che si trova su una collina, quindi per me non è stato un problema. Da li, però, ho potuto vedere bene tutto quello che stava succedendo in città.
Quell'onda era altissima, travolgeva tutto. Io ero preoccupata perché non riuscivo a parlare con i miei genitori, e soprattutto sapevo che mio fratello a quell'ora era sulla via di casa, una strada che costeggia il mare.
Un altra preoccupazione e' stato quel terribile incendio che e' divampato proprio ai piedi della collinetta da cui stavo guardando la scena. 
Mi ricordo ancora quando la prof. e' entrata in classe dicendo di uscire subito, di andare in strada, ma di tenerci per mano, di restare uniti. Molte volte abbiamo fatto esercitazioni per imparare come evacuare velocemente le aule, ma era sempre stato una specie di gioco.
Quella volta però era tutto vero. 
Mia madre e mio papà si sono salvati per miracolo perché erano in auto diretti verso casa di mia nonna che si trova in montagna. Mio fratello invece, e' riuscito a salire sul tetto di un'abitazione e da li ha aspettato i soccorsi.
La mia casa non esisteva più. Per più di due settimane ho vissuto in un supermercato, non potevo neanche andare a vedere in che situazione erano state ridotte le mie cose, perché abitavo troppo vicino alla centrale nucleare di Fukushima.
Mi ricordo che non si poteva mangiare ne bere niente....
Io sono stata molto fortunata, ho potuto ricostruire in tempi relativamente brevi e soprattutto non ho perso nessuno. Così non è stato per la mia amica. Ha perso entrambi i genitori e la zia non è ancora stata ritrovata."



Il sangue mi si è gelato nelle vene, quella ragazza non mi stava parlando di fatti noti,non mi stava raccontando di scene viste più e più volte in televisione, ma mi stava raccontando le emozioni. Mi stava raccontando la sua storia. E quella non la puoi leggere su un giornale, non puoi vederla in qualche notiziario. Il tono di voce che sale e scende e gli occhi che guardano dentro di se per pescare quei ricordi, rimarranno sempre nella mia testa.

Grazie Mizuho per aver condiviso con me la tua storia. Grazie per avermi spiegato come il Giappone ha vissuto il post terremoto e come da quelle ceneri sia risorto.
In bocca al lupo per tutto! E grazie ancora....



Aggiornamento:
Dopo un paio di ore dalla pubblicazione di questo blog, la ragazza di cui vi ho parlato mi ha scritto un messaggio per ringraziarmi di aver condiviso la sua storia. Mi ha scritto che non era riuscita a capire tutte le frasi, ma ha intuito che parlavo di lei e dello tsunami. Mi ha detto che se vorrò lei potrà raccontarmi tutto di quella vicenda e che quello è il suo modo di ringraziare il mondo per gli aiuti arrivati da ogni parte della Terra..... 
E' una ragazza eccezionale e in questo momento, riscrivendo queste sue parole ho gli occhi lucidi. Mi ha anche scritto di non essere così triste perché quella non è solo una storia brutta. Posso solo immaginare, infatti, quanto deve essere stato straordinario sapere che le persone che ami si fossero  salvate.....

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